Chi ama sa tacere e coprire le mancanze dei suoi fratelli

giovedì 7 aprile 2011


Noi non siamo chiamati a giudicare i nostri fratelli. Detestiamo questo vizio, ricordando che la carità ci obbliga ad evitarlo ad ogni costo.
Tutti sappiamo che la mormorazione consiste nel manifestare ad un altro le mancanze del nostro prossimo, spesso distruggendo il suo buon nome.
Ciò avviene ogni volta che raccontiamo i difetti altrui. Forse il danno è maggiore quando lo facciamo senza indicare detti difetti, ma usando espressioni che alludono a cose nascoste usando, per esempio la frase: “Se io potessi parlare !“, oppure, nell’ascoltare le maldicenze, rispondendo: “Io anche avrei da dire qualcosa, ma preferisco tacere”.
Questo modo di parlare è terribile perché credo che una tale riserva danneggi molto più della manifestazione aperta di ciò che è successo, induce infatti a sospettare che si nascondono cose molto gravi.
Qualcuno potrebbe dire: “Io quando parlo del mio prossimo, riferisco sempre cose risapute, per cui non credo di togliere la buona reputazione, dato che quello che dico non l’ho visto io, ma mi è stato riferito.
In tal caso la mia mancanza non è tanto grave perché si tratta di cose pubblicamente conosciute; quando infatti un delitto è pubblico, diminuisce la gravità della colpa di chi ne parla”. Io credo invece che anche in quest’ultimo caso chi si compiace di riferire le mancanze dei propri fratelli dimostra di avere in petto un cuore completamente freddo, privo di amore e di carità.

Vediamo come Gesù si è comportato con i più grandi peccatori. Riguardo a Giuda, giunto il momento di manifestare il suo tradimento, lo fa con molta carità e delicatezza, senza palesare il suo nome.
Egli dice: “Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà”. (Mt. 26,23).
In tal modo ciascuno prese come rivolta a sé l’allusione e tutti chiesero pieni di spavento: “Signore, sono forse ‘io?”. Gesù, sebbene li vedesse spaventati, non fece alcun nome, solo disse in segreto a Giovanni: “. E colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò”.
E lo fece con tanta discrezione che nessun altro se ne accorse. Se Gesù manifestò questo al suo amato discepolo fu perché Giovanni lo amava profondamente.
Colui che ama ha carità verso i propri fratelli; tace e nasconde le loro mancanze.
Siamo caritatevoli, perché la carità è il vincolo che ci unisce agli altri e tutti a Gesù.
In ogni momento della nostra vita, solleviamo gli occhi in alto e pensiamo che sarà veramente degno di approvazione in noi, non tanto questo o quel modo di praticare le virtù, ma il frutto della carità. Questo è ciò che Gesù ci chiede.

 (Dagli scritti di Madre Speranza)

“Non si uccide solo con le armi, con queste si potrà
uccidere il corpo, ma con la lingua si può uccidere
l’onore e la buona fama del prossimo”


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